Giovedì 14 luglio 2016 alle ore 18 presso il Complesso di S. Agostino di Montalcino, MOS Matter of Stuff presenta, nei giorni di Jazz & Wine in Montalcino, la Prima Edizione della Montalcino Design Week 2016: in mostra in anteprima i pezzi di design sviluppati durante la residenza di “MOS Designer Residencies Competition” che ha visto vincitori Alessandro Zambelli, Nina Cho, Olga Bielawska, Tim Vanlier, Tomas Gabzdil Libertiny, Studio Uufie.
“MOS Designer Residencies Competition” è un concorso internazionale promosso dal mese di dicembre 2015 da MOS Matter of Stuff in collaborazione con OCrA Officina CReativa dell’Abitare e Scuola Permanente dell’Abitare. In questa prima edizione sono pervenute 120 proposte da tutto il mondo: la giuria composta da Sofia Steffenoni e Simona Auteri fondatrici di Matter of Stuff, Sebastian Bergne, designer and visiting professor, Edoardo Milesi, OCrA e Archos, Giovanni Cutolo, ex presidente Fondazione ADI Collezione Compasso d’Oro e dai rappresentanti delle aziende selezionate di marmo e metallo, ha individuato quei progetti che maggiormente coniugassero innovazione, tecnologia, design e creatività.
I 6 vincitori hanno potuto sviluppare la propria ricerca progettuale in collaborazione con le due aziende Toscari e Carrara Design Factory nel corso di un mese di residenza dal 18 aprile al 14 maggio 2016, puntando ad un nuovo approccio al design nei due materiali, marmo e metallo. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 14 luglio al 30 novembre 2016.
Focus - I vincitori
Alessandro Zambelli: “Marque’”
L’uso del metallo intarsiato è un omaggio alla Parigi degli anni ’20 e al design Art Decò di Emile Ruhlmannn e Jean Dunand, che di questo stile furono tra gli interpreti indiscussi; l’essenzialità delle forme - minimali eppure squisitamente raffinate, di un’eleganza senza tempo - un chiaro riferimento a quell’insuperabile artigianato d’elite che a tali capolavori diede forma compiuta. In Marque’, materiali e forme si rivelano essenze di ricordi, rimandi, tecniche tradizionali e rivisitazioni: una commistione di stilemi si interseca alla ricerca di nuovi linguaggi che solo l’eccellenza manifatturiera del nostro Paese può esprimere in forma perfettamente compiuta. Così, il design Art Decò rinasce in forma contemporanea e fa il suo ingresso nel III millenio. Nasce in questo modo la collezione ideata da Alessandro Zambelli per “MOS Designer Residency”: una serie di complementi d’arredo composta da un piccolo cabinet, un mobile bar, una consolle e un coffee table, in cui il materiale utilizzato - il metallo - viene riletto in chiave “ebanistica” attraverso l’utilizzo dell’intarsio come nuovo elemento caratterizzante e di pregio. La lineare essenzialità delle forme, tipica di ciascun elemento della collezione, appare arricchita dalla presenza di preziosi decori superficiali che si intersecano l’un l’altro in un assemblaggio a intarsio: un susseguirsi di piccole tessere metalliche ossidate anima così le superfici di ciascun complemento con il raffinato alternarsi di delicati motivi geometrici, mentre il processo di ossidazione comporta un mutamento unico ed irripetibile della superficie stessa, arricchendola di un’infinita varietà di gradazioni e sfumature.
Nina Cho: “Coulee”
Creare una forma intera da un materiale unico è una caratteristica dei progetti recenti di Nina, interessata al marmo perchè ogni blocco è completamente unico nel contrasto tra i colori delicati e il peso solido e grave del materiale. Usando due blocchi pesanti, la designer può creare una struttura stabile usando geometrie complementari: un piano di un tavolo semplice in marmo solitamente viene sovrapposto a armature in ferro o in legno. Nina ha voluto creare una nuova funzione per il marmo come armatura, utilizzando l’incastro come una opportunità per parlare della forma in modo poetico. Il processo inizia spesso con la scoperta della funzione tramite lo studio della forma: un approccio diretto, usando molti modelli di studio che consentono di scoprire come integrare una forma con una funzione particolare. Durante la residenza Nina ha esplorato varie forme e deciso un design finale che considerasse sia la forma sia il materiale marmo.
Olga Bielawska: “The Veiled”
Il soggiorno in Italia durante il programma di residenza è stata una opportunità per sviluppare un nuovo corpo di lavoro reso concreto grazie ad un contesto geograficamente remoto e immerso nel know how degli artigiani locali. L’intenzione del progetto era creare oggetti che sperimentassero la dicotomia tra una superficie all’apparenza morbida e setosa ed un materiale rigido come il marmo. L’ispirazione è stata presa dall’illusione tessile di alcune statue antiche. Olga ha voluto portare qualcosa di tridimensionale in una superficie piana e bidimensionale creando un pattern e usandolo per una collezione di oggetti. Dopo aver visitato le aziende di Carrara, ha deciso di lavorare con una tecnica che permette di ottenere diversi effetti ottici per i vari prodotti. Uno dei risultati è stato il disegno di una serie di tavoli diversi coperti da un pattern che gioca sul contrasto di marmo bianco e nero e che crea l’illusione del drappeggio di una tovaglia. Un aspetto importante è stato combinare una tecnica contemporanea (taglio al water jet) con un metodo tradizionale, per creare un pattern (intarsio) fondendo artigianato con precise forme geometriche. L’incisione a water jet è stata poi utilizzata con la successiva infiltrazione di resina colorata per creare una serie di vassoi con simili effetti ottici.
Tomas Gabzdil Libertiny
Per Tomas il marmo è un materiale ricco di un grande valore simbolico. La sfida è quella di esplorare i limiti della qualità strutturale e poetica del marmo, riprendendo il tema della leggerezza, costante nel suo lavoro a livello scultoreo o filosofico.
Studio Uufie: “Eco”
Il tavolo Eco spinge i limiti dei materiali metallo e legno per immaginare una realtà intangibile. Nel legno, la grana racconta la sua storia: usando la tecnica di lasciare esposto il legno duro (legno invernale) e di infiltrare le venature del legno più morbido (legno estivo) con il metallo liquido, ogni anello di crescita crea un confine elusivo tra i due materiali. L’oggettività è evidenziata rimuovendo il senso di peso sostanziale e la densità del materiale. Le gambe del tavolo hanno come referenza la forma generata dagli schizzi d’acqua. Il top si presenta in varie forme organiche, come un ciottolo levigato dal mare. Alludendo alle nuance dell’alba, i colori dei tre tavoli sono creati in tre metalli diversi: alluminio, rame e ottone.
Tim Vanlier: “Remetaled / Mirrored”
L’immersione totale nel territorio toscano ha dato uno sguardo fresco al processo lavorativo, che consiste in preziosi momenti nel tempo e nello spazio immediatamente circostante da cui la creatività trae nutrimento. Durante il processo progettuale, Tim ha portato avanti una ricerca materiale e materica molto ampia sul metallo: una fase sperimentale con un focus specifico sulla stratificazione, che porta profondità, sorpresa, e conferisce al metallo una matericità innovativa. Durante lo sviluppo dei campioni Tim è stato costantemente ispirato dalle possibilità della fabbrica di FCM/Toscari, con la quale è nata una collaborazione intensa che ha avuto un diretto impatto sul progetto di design. Cosa succede quando si inseriscono tubi di metallo di diverso diametro all’interno di una pressa? Cosa succede se si utilizzano pezzi di scarto per riempire uno stampo? Come si fa con un semplice rivestimento superficiale ad ottenere quel particolare effetto? La cooperazione con Toscari su queste tre domande ha portato a tre collezioni differenti, ciascuna delle quali presenta in modo unico e diverso il concetto di stratificazione.