“Serve una task force per tutelare le produzioni”

Fabrizio Bindocci, presidente Consorzio del Vino Brunello di Montalcino “Si resta con l’amaro in bocca”. Questo il commento di Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino in riferimento alla partita (duecento bottiglie) di falso Brunello sequestrata in un magazzino di un cuoco danese a Copenaghen. “Certo, quando si parla di brand italiani di successo nel mondo si parla di Ferrari, Prada e Brunello di Montalcino. I nostri numeri - prosegue Bindocci - non hanno bisogno di spiegazioni: vendiamo 9 milioni di bottiglie di vino l’anno. E manca, nel senso che c’è più richiesta di quel che viene prodotto. Ma così deve essere. Allora noi, come produttori e come Consorzio, facciamo attenzione: sul nostro sito si possono verificare tutte le etichette. L’intera produzione è tracciata. Per cui le basi per tutelare i nostri gioielli ci sono. Che ci sia un canale di passaggio verso il Nord dell’Europa dalla Germania invece è noto. Sono comunque brutte sorprese, cui non possiamo assistere. Oggi noi abbiamo un operatore che fa vigilanza, andando in giro per enoteche, supermercati, punti vendita: il Consorzio ricompera bottiglie di Brunello, fa controlli sulle fascette e analisi sui vini e le partite cui corrispondono. Ma non basta: il futuro è in una task force con altri Consorzi per tutelare le nostre produzioni e fare in modo che chi stappa una bottiglia a New York sia sicuro di bere Brunello. Oggi stesso contatterò il Ministero chiedendo che si vigili sul Made in Italy che tutti ci invidiano. Intanto dico ai nostri produttori di andare in giro e fotografare le bottiglie che trovano per il mondo e le fascette. Il rischio cui andiamo incontro non fa male solo al produttore dell’episodio in questione, ma all’intera denominazione”.
Dalle carte dell’indagine, condotta dal pm Aldo Natalini della Procura di Siena in stretta collaborazione con i colleghi danesi, emerge anche un’altra partita falsa, questa volta sequestrata a Monaco di Baviera. Occorre insomma un passo oltre: perchè l’indagine in corso rivela anche che dietro al mercato nero, del falso commercio, ci sarebbero diversi Paesi coinvolti. Le attenzioni degli inquirenti sono puntate sul ristoratore cui è stato sequestrata la partita ma anche su un imprenditore tedesco appassionato di vini e su un’azienda spagnola da cui sarebbero state acquistate le bottiglie. Sembra che sull’etichetta delle bottiglie sequestrate vi fosse impresso Brunello “de’ Montalcino”, invece del nome corretto della denominazione: “un segnale di allerta inconfondibile. Si dice, poi - prosegue Bindocci - che il vino imbottigliato fosse piuttosto cattivo. Chi tarocca potrebbe fare meglio, usufruendo di un ottimo prodotto e buoni prezzi. Voglio informarmi sul caso danese, spero non si trovi di mezzo un italiano”. Un problema non da poco, per il Brunello di Montalcino e per tutti quei prodotti di eccellenza dell’agroalimentare che, quando contraffatti, spesso in modo pessimo anche se non nocivo per la salute, acquisiscono una cattiva, se non pessima pubblicità, difficile poi da contraddire e superare.

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