“Penelope nell’arte e nella letteratura dall’antichità a Cesare Ripa”: Maddalena Sanfilippo racconta il suo studio

“Penelope nell’arte e nella letteratura dall’antichità a Cesare Ripa” di Maddalena Sanfilippo “Questo volume è stato ispirato da un affresco realizzato dal Pintoricchio all’inizio del Cinquecento, oggi staccato e riportato su tela. Il dipinto, conservato presso la National Gallery di Londra, raffigura Il ritorno di Ulisse e la scena era inserita in un ciclo che decorava le pareti e il soffitto della “camera bella” nel palazzo di Pandolfo Petrucci a Siena. Il soggetto sembra una sintesi del racconto omerico: l’attesa di Penelope che fa e disfa la tela per contrastare le pressioni dei pretendenti ansiosi di condurla all’altare, sul fondo gli episodi di Circe e delle Sirene che durante il viaggio mettono alla prova la sapienza e la volontà di Ulisse, forse il ritorno di Telemaco partito alla ricerca del padre, identificato da alcuni nel giovane in primo piano al centro della scena che si rivolge con gesti eloquenti verso l’eroina.
L’affresco funge da espediente in questo studio per delineare la tradizione iconografica e letteraria della sposa di Ulisse, Penelope, che dall’antichità ai giorni nostri, si profila come uno dei modelli più significativi di donna virtuosa, fedele e saggia”. Così, Maddalena Sanfilippo, brillante storica dell’arte della città del Brunello racconta alla Montalcinonews il suo studio, “Penelope nell’arte e nella letteratura dall’antichità a Cesare Ripa”, presentato la scorsa settimana nell’Aula Magna del liceo classico Enea Silvio Piccolomini di Siena.
Indagare dunque sulla figura di Penelope partendo dal dipinto del Pintoricchio: “che rappresenta - prosegue Sanfilippo - un soggetto ancora non identificato con precisione. Deve, in sostanza, ancora essere rintracciato un nesso che possa unificare in un significato comune le singole scene che, pur trattando temi singolarmente molto noti e diffusi nell’arte del Rinascimento, traggono la loro ispirazione da fonti letterarie assai disparate; La scena del ciclo con Penelope e Ulisse non è stata oggetto finora di uno studio rigoroso e quali momenti del racconto omerico essa rappresenti precisamente resta ancora, per quanto mi risulta, un dubbio irrisolto. Appare comunque abbastanza evidente che si tratti di una scena ispirata alle imprese di Ulisse e all’attesa di sua moglie Penelope. Analizzando con precisione tutte le figure e tutti i particolari che compongono la scena, ci si accorge che i due personaggi identificabili con certezza sono la donna sulla sinistra, seduta al telaio in un signorile ambiente interno e il personaggio maschile munito di bastone che a destra sta entrando nella stanza; dietro di lei sono appesi un arco e una faretra colma di frecce. Se il telaio, nelle opere d’arte con soggetto profano, può essere l’attributo di diversi personaggi femminili rappresentato insieme ad arco e frecce non può che identificare un unico personaggio femminile, Penelope: autrice dell’inganno della tela e, una volta scoperta la sua astuzia, promotrice della gara dell’arco, espediente che consentirà a Ulisse di uscire allo scoperto e vendicarsi dei danni subiti dai Proci. Risulta invece estremamente complessa l’identificazione degli altri personaggi presenti nella scena, poiché l’episodio non ha un logico sviluppo narrativo e dunque non può essere messo in relazione in modo preciso con nessuno dei passi dell’Odissea; Senza avere la pretesa di arrivare a individuare con precisione il soggetto, sembra che la soluzione più logica per approfondirne le tematiche iconografiche, sia quella di analizzare la tradizione del personaggio di cui, grazie a degli attributi ben precisi, si può ricostruire l’identità: Penelope”.
Un lavoro complesso ma senza dubbio affascinante che ha visto Maddalena Sanfilippo partire dalla ricerca, dalla raccolta e dall’analisi delle fonti letterarie e figurative, da Omero fino al Rinascimento in modo da delineare la tradizione nel corso dei secoli del personaggio preso in esame. Un metodo d’indagine che si basa sul fatto che l’evoluzione iconografica di un qualsiasi personaggio o di un qualsiasi episodio sia imprescindibile dalla diffusione delle fonti letterarie che lo riguardano, e che testo scritto e immagine figurativa si influenzino vicendevolmente in un rapporto di stretta dipendenza.
La seconda parte del lavoro si è poi sviluppata sull’analisi della fortuna iconografica rinascimentale del personaggio di Penelope, tracciata con particolare riguardo per il contesto senese attraverso, soprattutto, le edizioni illustrate medievali e umanistiche delle fonti letterarie antiche raccolte nella prima fase della ricerca, che più diffusamente hanno raccontato la storia dell’eroina.

Focus - Penelope nell’arte e nella letteratura
Apollodoro nella Bibliotecha narra che “da Icario e dalla ninfa Peribea nacquero Toante, Damasippo, Imeusino, Alete, Peribeo e una figlia, Penelope, che sposò Odisseo”. Quella che ancor oggi resta la moglie fedele per antonomasia era originaria della Laconia e fu promessa in sposa dal padre Icario a colui che fosse risultato il più veloce in una gara di corsa. È Pausania, poi, nel “Viaggio in Grecia” il primo a descrivere la figura di Penelope come exemplum pudicitiae. La virtù che contraddistingue l’eroina è dunque il Pudor, cui il padre Icario dedicò una statua per ricordare la figlia al momento del distacco dalla casa paterna, come se volesse compensare l’assenza fisica della fanciulla con il simulacro della sua principale caratterista morale. Dalla leggenda raccontata da Pausania prende spunto lo studio monografico più completo condotto sul personaggio di Penelope: il libro di Marie Madeleine Mactoux, “Pénélope. Légende et mythe” del 1975. Lo studio puntuale dei testi greci e latini porta la Mactoux a concludere che Pausania rappresenta un hapax nella tradizione antica: egli si presenta come l’unico autore cioè che racconta la giovinezza dell’eroina, ignorata, almeno a quanto sembra, dallo stesso Omero. Il personaggio di Penelope non è stato sempre un tema di predilezione per artisti e letterati, a differenza di quello del marito Ulisse rileva Mactoux, è soprattutto grazie alla letteratura elegiaca latina che Penelope è diventata l’eroina fedele, esempio di castità e pudicizia, che noi tutti conosciamo.
Omero invece presenta una donna forse più complessa che si distingue per la sua profonda saggezza. Mactoux avanza l’ipotesi che la leggenda raccontata da Pausania potrebbe essere un retaggio di un’epoca in cui Penelope non era ancora nota come regina di Itaca, ma veniva considerata come un personaggio a se stante, con una sua vera e propria storia autonoma rispetto alle imprese del marito.
L’indagine introspettiva e l’attenzione dedicata alla saggezza sembrano essere un tratto distintivo che denota la figura di Penelope per tutta la letteratura greca, dove la sposa di Ulisse è menzionata quasi unicamente in rapporto alla sua sophrosýne. Questa caratteristica sembra ripercuotersi anche nelle raffigurazioni artistiche greche del periodo classico, quando si viene a delineare un vero e proprio stereotipo iconografico: la Penelope Afflitta. La consacrazione del modello di Pudicitia avviene soltanto durante il periodo augusteo quando si sceglie la figura di Penelope per la decorazione delle dimore private, come attestano le pitture parietali rinvenute a Pompei. L’esempio di castità persiste anche nella letteratura tardo-antica. È interessante notare come alcuni autori cristiani individuino in una figura tratta dal mito pagano un esempio duraturo di castità, filtrando la mitologia classica all’interno della nuova concezione morale.
Se nel Medioevo sembra che si tenda invece a privilegiare le avventure di Ulisse è soprattutto grazie al “De Mulieribus Claris” di Giovanni Boccaccio, nelle miniature del quale Penelope è raffigurata al telaio, suo attributo identificatore, che alla moglie di Ulisse si restituisce un’identità paradigmatica individuale, presentandola come il massimo esempio di una castità ibrida tra exemplum antico e virtù cristiana.
Le Heroides di Ovidio svolgono un ruolo di primo piano, non solo per la definizione dell’exemplum pudicitiae, ma anche perché le illustrazioni del testo ovidiano rappresentano una sezione cospicua dei documenti figurativi rintracciati.

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