Val d’Orcia: luogo amato da artisti di ieri e di oggi

Campi di grano a Montalcino“Eccezionale esempio di come il paesaggio naturale sia stato ridisegnato nel periodo Rinascimentale per rispecchiare gli ideali di buon governo e per creare un’immagine esteticamente gradevole”. Questa la definizione dello scenario naturale della Val d’Orcia data dall’Organizzazione delle Nazioni Unite quando, nel 2004, fu dichiarata Patrimonio dell’Umanità Unesco. Uno dei simboli della Toscana, con i suoi cipressi che disegnano il paesaggio con pennellate di verde intenso, fluttuando tra le colline cangianti vestite d’oro e di vigne, di case rurali, oliveti e castagneti, che si estende nella zona di confine tra la provincia di Siena e quella di Grosseto. La Val d’Orcia, che comprende Castiglione d’Orcia, Montalcino, Pienza Radicofani e San Quirico d’Orcia, è stata amata e celebrata anche dai pittori della Scuola Senese che, attraverso le proprie opere, narrarono di un periodo fiorente per la Val d’Orcia, raccontando il buon vivere toscano, scelto tra l’altro, oggi, dalla Regione Toscana come fil rouge per Expo 2015 di Milano. L’uomo che vive in armonia con la natura diventa così icona rinascimentale della quale la Val d’Orcia e la Toscana in generale si fregiano ancor oggi. Testimonianza pittorica che si ritrova anche nel ciclo di affreschi “Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo” di Ambrogio Lorenzetti a Siena, nella cornice di Palazzo Pubblico.
Fu nel 1996 che, per prima Pienza, con il suo centro storico, fu dichiarata Patrimonio dell’Umanità Unesco. La città “ideale” di Pio II, è considerata un capolavoro di equilibrio architettonico del Rinascimento. Montalcino è invece la patria del Brunello, uno dei vini più apprezzati al mondo. Da visitare, poi, anche Contignano, Monticchiello, Rocca d’Orcia, Campiglia d’Orcia, Bagni San Filippo,  Vivo d’Orcia e la suggestiva Bagno Vignoni.
La Val d’Orcia ha affascinato non solo i pittori senesi che l’hanno ritratta in tutta la propria natura armoniosa ma anche registi di fama internazionale. Zeffirelli scelse Bagno Vignoni e Pienza per il suo “Romeo e Giulietta”, Bernardo Bertolucci, optò l’atmosfera rurale di questo territorio per girare alcuni ciak di “Io ballo da sola”. Paesaggio da Oscar, immortalato anche ne  “Il paziente inglese” diretto da Anthony Minhella, pellicola da ben nove statuette. Il regista scelse, tra le location del suo film il monastero benedettino di Sant’Anna in Caprena. Infine anche molte scene de “Il Gladiatore”, con Russel Crowe sono state girate nell’antichissima valle toscana, fonte di ispirazione per artisti, luogo di riflessione per i pellegrini e tempio di pace per tutti i viaggiatori che scelgono questo paradiso tra Siena e Grosseto dove il tempo sembra essersi fermato e dove si respira ancor oggi un’atmosfera armoniosa, quella della perfezione e dell’equilibrio rinascimentale. Ma è Montalcino che, forse, annovera il maggior numero di pellicole girate sul suo territorio: bella come un’attrice agli esordi, truccata solo di rossetto e fard, innamorata di se stessa come una diva e affascinante come solo la semplicità può essere. È la Montalcino dei registi che l’hanno scelta, prediligendo soprattutto la campagna, in tanti film. Dal celeberrimo “Fratello Sole, Sorella Luna” del maestro Franco Zeffirelli (1972), al documentario di Otar Iosseliani “Un petit monastere en Toscane” (1988), passando per la “Pia de’ Tolomei” di Esodo Pratelli (1941), arrivando a “Letters to Juliet” di Gary Winick (2010). Montalcino attrice, anche con piccole parti, talvolta cameo, in tanti film che, forse, non tutti ricordano e tra questi: “L’amore ritrovato” di Carlo Mazzacurati (2004), “Al momento giusto” di Giorgio Panariello e Gaia Gorrini (2000), “Grazie di tutto” di Luca Manfredi (1998), “Bonnie e Clyde all’italiana” di Steno (1982), “Irene, Irene” di Peter del Monte (1975), “L’armata Brancaleone” di Mario Monicelli (1965), “La viaccia” di Mauro Bolognini (1961), “Io Caterina” di Oreste Palella (1957), “Le Novelle del Boccaccio” del regista svizzero Grytzko Mascioni (1986), “Il Falco d’Oro” del regista Carlo Ludovico Bragaglia (1955) e “La Calandria” di Pasquale Festa Campanile (1972). Per arrivare ai giorni nostri quando, nel 2014, i fratelli Taviani hanno scelto la culla del Brunello ed il suo Castello di Romitorio, per girare alcune scene di “Meraviglioso Boccaccio” uscito da alcuni giorni nelle sale cinematografiche.

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