Una storia, quella di Montalcino e del Brunello, suo prodotto principe, che inizia da lontano e che parla di un territorio che grazie a persone erudite, è riuscito, in epoche non sospette, a farsi conoscere nel mondo e a scrivere una pagina che insegna quanto tradizione non significhi immobilità ma sia sinonimo e frutto di studio, cultura e innovazione. E dalla vicina Pienza arriva un nuovo spunto per parlare di Montalcino, del re del Sangiovese e delle sue origini.
Studiosi naturalisti dell’Università di Pisa sono arrivati nella città di Pio II alla ricerca dell’erbario dello scianziato Giorgio Santi, antentato dell’inventore del Brunello, Clemente, che, grazie agli studi sulla geologia del terreno eseguiti dallo zio e al desiderio di innovazione e sperimentazione che il Santi stillò in lui, individuando le microzone più vocate, iniziò a testare vini, a base di Sangiovese in purezza, adatti all’invecchiamento.
Pubblicata dalla Fondazione San Carlo Borromeo, la biografia di Giorgio Santi, scritta da Umberto Bindi. è stata presentata dal sindaco di Pienza Fabrizio Fè e dal presidente della fondazione Giampietro Colombini.
Studiare e conoscere la Val d’Orcia e la Toscana, luogo interessante e piacevole con il suo ambiente naturale e umano, per Giorgio Santi fu una priorità. E Montalcino, un territorio impervio, isolato ma dalle risorse smisurate rappresentò per il naturalista, uno degli ambienti più allettanti su cui indagare. Un territorio vocato all’agricoltura, quello di Montalcino, ma anche arte, artigianato e ricerca, che qui hanno trovato un luogo fertile su cui mettere radici e svilupparsi nell’arco dei secoli. Ed è proprio in questo contesto, estremamente vivace e stimolante che, nell’Ottocento, alla Tenuta Greppo, per mano di Clemente Santi, nasce il Brunello di Montalcino. Spia luminosa, ispiratore e precursore dell’inventore del “vino rosso scelto (brunello)” fu proprio lo zio Giorgio Santi (1746-1822), erudito naturalista, professore di Scienze naturali, direttore del Museo di Storia Naturale e Prefetto dell’Orto botanico di Pisa. Fu proprio Giorgio che - uomo estremamente colto che, nei suoi studi a Montpellier e Parigi, ebbe l’opportunità di dialogare con scienziati del calibro di Buffon, Boscovich e Lavoisier - nelle “ferie universitarie” si dedicò allo studio degli aspetti naturalistici della sua terra: “I viaggi per la Toscana” in 3 volumi (Primo Viaggio al Monte Amiata, 1795; Secondo Viaggio per le due provincie senesi, 1798; Terzo Viaggio per le due provincie senesi, 1806) che restano, ancora oggi, unico riferimento per gli studi geologici e naturalistici della zona. Nei volumi si parla molto di Montalcino, del suo territorio e delle sue arti: “Sonovi molte arti, qualche manifattura, ed un sufficiente commercio specialmente con la Maremma. La sua elevata situazione fa, che l’aria v’è pura, ma il clima molto rigido in inverno, e sempre assai dominato dai venti. Il suo territorio montuoso, e sassoso esercita l’industria dei suoi coloni, e a dispetto dell’asprezza del luogo produce abbondanza di frutti squisiti, molt’olio, sopra tutto vin generoso il Moscadello cantato dal Redi”.
dati a cura di 3BMeteo
14 dicembre 2024 19:30