Montalcino: in arrivo “La Quinta Via”, il seminario esperienziale di DermoAlchimia
La dermoriflessologia, una potente tecnica riflessologica che riequilibra l’energia fisica e psichica attraverso semplici stimolazioni cutanee, sarà la protagonista di “La Quinta Via”, il seminario esperienziale di DermoAlchimia che andrà di scena a Montalcino, grazie all’Associazione Culturale Sportivo Dilettantistica Vega, sabato 20 settembre 2014, ore 10-19, a Palazzo Pieri. porterà “La Quinta Via”, il seminario esperienziale di DermoAlchimia. La dermoriflessologia si basa sulla capacità del corpo di conservare memoria del vissuto e su quella della pelle di essere un fedele specchio di corpo e anima. Come specchio del corpo, possiamo verificare lo stato di benessere e promuoverlo se c’è disarmonia. Come specchio dell’anima, possiamo dialogare con l’inconscio, portare alla luce il vero Io, liberarci dai condizionamenti derivati da episodi stressanti o dolorosi, pilotare i sogni, amplificare le facoltà percettive, accedere alle conoscenze superiori.
Focus - Dermoriflessologia
La Dermoriflessologia è la tecnica riflessologica che utilizza la pelle come specchio della sfera psichica e somatica. Essa può leggere le emozioni, i sentimenti e i pensieri che sorgono nell’individuo, può leggere le condizioni fisiche di benessere o malessere, ed essere così un efficiente metodo di indagine del microcosmo uomo, ma può altresì creare delle ancore per indirizzare i pensieri, i sentimenti e le emozioni, per polarizzare i sogni, insomma, per svolgere un vero e profondo lavoro di conoscenza di se stessi.
Inoltre, attraverso la Dermoriflessologia, possiamo risvegliare molte facoltà superiori, come la volontà, la chiaroveggenza, la telepatia e molto altro ancora.
Focus - DermoAlchimia
Il processo alchemico può venir validamente supportato dalla Dermoriflessologia, in quanto questa disciplina, usando la pelle come interfaccia, permette di instaurare un dialogo con la parte più profonda di noi e con le irradiazioni che dal macrocosmo si riflettono su di noi allo scopo di portare a compimento la trasmutazione alchemica spirituale.
Focus - Alchimia
L’alchimia si basa su un principio cardine dell’ermetismo, secondo il quale gli uomini sono burattini nelle mani di “presenze invisibili” che li fanno agire, pensare, sentire. Sono queste “forze” che determinano gli istinti e gli ideali, che risvegliano passioni, che suggeriscono modalità operative.
Ricordo, a questo proposito, le parole di Gurdjieff, che soleva ripetere: “L’uomo, così come lo conosciamo, la “macchina-uomo”, l’uomo che non può “fare” e con cui e attraverso cui tutto “accade”, non può avere un Io permanente e singolo. Il suo Io cambia con la stessa rapidità dei suoi pensieri, sentimenti e umori, ed egli commette un grave errore nel considerare se stesso una sola stessa persona; in realtà, egli è sempre una persona differente, non quella che era un attimo fa”.
Ma come può l’uomo liberarsi da un tale condizionamento esistenziale?
L’opera alchemica ne traccia il sentiero: attraverso la presa di coscienza, l’individuo deve morire a se stesso, disidentificandosi dal suo essere burattino (ovvero dalla personalità anagrafica) per poi rinascere e integrare via via la sua essenza divina, nella quale è racchiuso il vero potere.
Fin dai tempi più remoti, l’alchimista è stato un uomo di conoscenza, che studiava la chimica, la fisica, la medicina, la filosofia, l’astrologia e altre discipline. Era un uomo di conoscenza, ma non una conoscenza meramente teorica, perché nel suo agire l’aspetto fisico e quello metafisico andavano sempre di pari passo.
Il carattere pratico dell’antica scienza alchemica, che in passato l’ha fatta equiparare, certamente in maniera riduttiva, alla chimica e alla fisica per i risultati tangibili che perseguiva, nel presente è andato via via scemando e la moderna interpretazione dell’alchimia, seppur rivalutando l’aspetto spirituale, ha finito per dare a questa scienza una connotazione di poco superiore alla speculazione filosofica.
Quando l’alchimia è nata, e finché l’avvento del materialismo razionale, nel XVIII secolo, non ne ha decretato il declino (almeno ufficialmente), la separazione tra la dimensione materiale e quella spirituale non era così marcata come ai giorni nostri, e secondo gli alchimisti sarebbe stata incompleta tanto una scienza fisica sprovvista della componente metafisica quanto una scienza dello spirito priva di manifestazione nel mondo fenomenico.
Le due dimensioni, infatti, si compenetrano, cosicché i principi estrapolati dall’osservazione del mondo fisico devono dare risultati nel metafisico, e una legge metafisica deve poter essere verificata sul piano materiale.
È mia opinione che gli antichi studi alchemici si rivolgessero tanto al manifesto quanto all’invisibile e che la trasmutazione dei metalli in oro non fosse solamente di ordine materiale, ma neppure una mera metafora di sviluppo spirituale. Le due cose sono unite, l’una è specchio dell’altra. Ed è seguendo questo modus operandi, che sono stati individuati i principi della trasmutazione alchemica, le quattro operazioni di putrefazione, calcinazione, distillazione e sublimazione e i tre stadi di trasformazione, soluzione, coagulazione e tintura; principi validi per i metalli e per lo spirito.
Gli alchimisti studiavano il modo di nobilitare materia e anima, e i risultati prodotti su ambedue i piani dovevano poter essere valutabili, ovviamente con criteri conformi a ciascuna dimensione. Pertanto, se il piombo si è trasformato davvero in oro, le sue caratteristiche chimiche dovranno essere riscontrabili, e lo stesso vale per l’uomo, se il suo animo è stato davvero nobilitato, egli dovrà possedere connotazioni esseriche diverse da prima e dovranno essere riconoscibili.
La conoscenza teorica di un procedimento non equivale al conseguimento del risultato. Bisogna sperimentare praticamente e procedere a verifica. Nessuno acquisterebbe un pezzo di metallo qualsiasi, pagandolo a peso d’oro, soltanto perché il venditore dichiara di averlo sottoposto a trasmutazione alchemica. Lo stesso dovrebbe valere per la liberazione dello spirito, essa deve essere effettiva, altrimenti si tratta soltanto di parole.
Leggere le istruzioni di volo di un aereo non fa diventare piloti, e conoscere un incantesimo non vuol dire essere maghi. Sfoggiare cultura esoterica non significa aver realizzato la trasmutazione dell’anima.
Un maestro è colui che dimostra quotidianamente il proprio valore spirituale, attraverso l’equilibrio, i talenti, le doti, in altre parole attraverso le sue qualità esseriche.
Se un uomo parla bene, ma c’è discrepanza tra il dire e il fare, allora è soltanto un ciarlatano, un chiacchierone. Sembra, però, che la cultura occidentale sia refrattaria ad assimilare questo “piccolo dettaglio” e sia abituata ad accettare che un uomo di cultura, uno scienziato, persino un maestro spirituale, possa essere al tempo stesso un essere meschino, cattivo, invidioso, egoista e cavilloso.
Sono convinta che la vera conoscenza sia quella supportata dall’essenza.