Sfregio, atto vandalico, sabotaggio, devastazione e vendetta sono le parole chiave che la stampa, oggi, ha usato per titolare il disastro che ha colpito Gianfranco Soldera quando, nella notte di domenica, è stata distrutta l’intera produzione, dal 2007 al 2012, della cantina Case Basse, di sua proprietà, piccola ma prestigiosa realtà del Brunello di Montalcino.
Dai nazionali ai locali passando per le testate online tutti oggi parlano del duro colpo che il Brunello di Montalcino e Soldera, uno dei viticoltori più importanti, hanno subito con questo gesto scellerato che ha dell’inquietante.
I primi a battere la notizia sono stati la Montalcinonews, agenzia di comunicazione territoriale online, che ha gridato allo sfregio, e la WineNews, uno dei siti più cliccati del mondo del vino italiano che ha riportato la notizia dell’atto vandalico subito l’ex broker milanese. “Gianfranco Soldera - riporta il Corriere della Sera - viene considerato non solo un vignaiolo “blasonato” ma anche un purista del Brunello. Cioè uno di quei produttori che, in dissenso rispetto ad altri colleghi, mai si è arreso all’idea di modificare, pur minimamente, il rigido Disciplinare del famoso rosso di Montalcino, Sangiovese in purezza, per venire incontro al gusto del mercato americano”. Qn, che grida alla vendetta contro il produttore antifrode, parla di un piano studiato per fare male, economicamente parlando, poiché le prestigiose bottiglie sistemate in cantina sono state ignorate e l’atto è stato indirizzato soltanto all’apertura dei rubinetti delle botti, azzerando i lavoro della cantina degli ultimi 5 anni.
“Non riusciamo a capire ciò che è successo - commenta, sulle pagine di La Repubblica, Mauro, il figlio di Soldera - Mai siamo stati al centro di episodi allarmanti, mai abbiamo ricevuto minacce. Abbiamo subito un danno gravissimo e non solo economico, ma non ci arrenderemo. L’azienda va avanti, abbiamo tutti la forza e il coraggio di non mollare”.
La Nazione di Siena ricorda che Case Basse è una delle aziende rimaste fuori da quella che nel 2008 fu definita “Brunellopoli” e a chi gli chiese all’epoca se fosse vero che, come qualcuno sosteneva, le indagini avessero preso il via da una sua lettera anonima rispose che “chi crede questo è in malafede, i miei scritti sono sempre seguiti da nome, cognome e indirizzo”. E anche oggi si esprime, anche se con un po’ di legittima preoccupazione, con molta determinazione e tenacia: “non ci lasciamo certo intimidire e l’azienda vuole continuare il suo lavoro”.