Nel febbraio 2007, sotto le duecentesche mura del Castello di Poggio alle Mura, oggi di proprietà di Castello Banfi, è stato rinvenuto dal paleontologo Simone Casati (che opera per il Gamps, Gruppo Avis Mineralogia Paleontologia Scandicci) un fossile di balena (battezzata “Brunella”) risalente al Pliocene (5,3 milioni di anni fa). È in questo periodo, quando le acque dell’Atlantico rifluiscono nel Mediterraneo, e la zona di Montalcino sommersa, che si concretizza il ripopolamento marino di cui il terreno è ancora testimone. È nel decennio 1970-1980 che la campagna di Montalcino subisce uno stravolgimento radicale: da terreni vergini si passa a vigne più intense. Nel momento in cui gli aratri solcano i campi, 50.000 secoli di storia tornano a galla e rivivono, raccontando un mondo diverso, quello marino. Ovunque, a perdita d’occhio, vengono fuori migliaia di conchiglie di ogni genere e specie. Un vero paradiso per ricercatori affamati di conoscenza.
L’importanza del ritrovamento della balena fossile, lunga quasi 10 metri, completa all’80% e in buonissimo stato di conservazione, è rilevante perché ha riportato alla luce un intero ecosistema. Al momento il fossile, ricoverato in uno dei magazzini dell’azienda, è in fase di restauro e sotto il controllo vigile della Sovrintendenza.
La Fondazione Banfi, che fin dall’inizio ha dato la sua completa disponibilità a collaborare e ad affiancare le istituzioni nelle fasi di recupero, ha richiesto di poter ospitare ed esporre il reperto, che però fino ad oggi la Sovrintendenza non ha mai valutato.
Iniziativa importante quella della Fondazione Banfi, sia da un punto di vista sociale, sia da un punto di vista civico: è lodevole che un privato si faccia carico di un recupero di questa importanza e che si occupi di cultura e salvaguardia, facendosi portavoce della valorizzazione di un territorio. Gesto importante, dunque, ma al quale non è seguita, almeno per ora, nessuna risposta dallo Stato. Ma è normale che, dopo quattro anni, la Sovrintendenza non si sia pronunciata in merito?
Focus - Come è avvenuto nel 2007 il ritrovamento della balena del Pliocene
La più grande e antica balena fossile mai rinvenuta in Italia e nel bacino del Mediterraneo dormiva tra le vigne di Montalcino: lo scheletro completo di un cetaceo di oltre 5 milioni di anni fu trovato nel 2007 tra i filari del famoso Brunello, un tempo antichi fondali marini, di Castello Banfi, griffe di uno dei territori del vino più blasonati del mondo. La scoperta fu fatta dal team di paleontologi del Gruppo di Mineralogia e Paleontologia di Scandicci (Firenze). “Lo stato di conservazione è ottimo - dichiarò Simone Casati, paleontologo, che, insieme a Franco Gasparri, del Gruppo Mineralogia e Paleontologia di Scandicci, effettuò la scoperta. Il gruppo lavorò sotto il controllo della Sovrintendenza archeologica regionale della Toscana. Gli scavi furono diretti dal dottor Menotti Mazzini dell’Università di Firenze e lo scheletro fu studiato dal dottor Michelangelo Bisconti del Museo di Storia Naturale del Mediterraneo di Livorno. Questa antica balenottera apparteneva al Sottordine dei Misticeti, ovvero le balene che, al posto dei denti, possiedono un sistema di placche cornee, chiamate fanoni, che pendono dalla mascella ed hanno la funzione di filtrare enormi quantità di acqua trattenendo il cibo. Questo è costituito in massima parte da organismi planctonici (tra cui il krill, una specie di gamberetto presente in molti mari, e i copepodi, piccoli crostacei), ma può comprendere anche interi banchi di piccoli pesci, a seconda delle abitudini alimentari delle diverse balene. Nell’area circostante il cetaceo furono rinvenuti moltissimi denti di squalo, a riprova che una dozzina di essi visitarono la carcassa dell’animale morto per cibarsene. Dopo la scoperta delle prime vertebre, gli archeologi isolarono i fossili e si prepararono allo spostamento. Fu la prima volta che i paleontologi avevano l’occasione di studiare l’anatomia e le caratteristiche di una balenottera così antica. Si tratta di una grande scoperta perchè l’integrità e l’eccezionale stato di conservazione consentono di effettuare osservazioni di grande dettaglio relative all’anatomia scheletrica dell’esemplare attraverso le quali sarà possibile giungere a conclusioni di carattere evolutivo e biogeografico di notevole interesse. Oggi il paesaggio di quest’area della Toscana meridionale dista dalla costa mediterranea, e quindi dal mare, oltre 30 chilometri dal sito di rinvenimento del fossile, ma la balena risale al periodo in cui il fondale marino era il paesaggio di questa zona. Il professor Casati esaminando le vertebre riuscì a dedurre che si trattava di un esemplare di balena giovane poiché i dischi invertebrali non risultavano ancora saldati con le vertebre. La Castello Banfi iniziò immediatamente a collaborare attivamente agli scavi mettendo a disposizione escavatori e personale per favorire il lavoro degli archeologi nella zona che circondava lo scheletro; l’azienda fece poi richiesta alla Sovrintendenza di poter “adottare” il prezioso fossile ed esporlo al pubblico di appassionati nel suo Museo del Vetro e della Bottiglia nel Castello di Poggio alle Mura. In un’intervista nel 2007, Cristina Mariani-May, proprietaria della Castello Banfi, azienda leader del territorio di Montalcino, ha dichiarato: “questa scoperta, parlando di terroir, è significativa e ci ricorda ancora una volta che i minerali e i nutrienti depositati in milioni di anni costituiscono una grossa parte della composizione del suolo. Un terreno speciale, quindi, che favorisce la produzione di uve che danno complessità e profumi ai nostri vini”.
Come è possibile anche solo vederla??